Trentino, 24 marzo 2010


Storie tra più culture e confini

di Sandra Mattei

Un desiderio di recuperare la vera vita vissuta. Di ordinare in una ventina di racconti, momenti di tanti viaggi di andata e ritorno, di decine di appartamenti ammobiliati cambiati, di svariate città e paesi dove ha lavorato. L’ultimo libro di Carmine Abate «Vivere per addizione e altri viaggi» (Oscar Mondadori, pagg. 153, 9 euro) nasce da questa esigenza: si tratta della seconda raccolta di racconti dopo quella d’esordio «Il muro dei muri» (1993) e dopo i romanzi «Il ballo tondo», «La moto di Scanderbeg», «Tra due mari», «La festa del ritorno», «Il mosaico del tempo grande» e «Gli anni veloci» ora tutti negli Oscar Mondadori. «Vivere per addizione» è stato pubblicato in edizione Oscar, a voler dare una valenza di classico al nuovo libro dello scrittore che si è fatto apprezzare per la sua particolare storia: discendente degli albanesi migrati in Calabria nei secoli scorsi (arbëreshe) ed a sua volta migrante dalla Calabria in Germania, per poi stabilirsi (definitivamente?) a Besenello. «Vivere per addizione» parla di questo: la condizione di chi vive diviso in più confini e più lingue, apparentemente sradicato, ma con la grande opportunità di «addizionare» tutte queste culture. Un percorso, che Abate stesso definisce «ricerca di identità», non semplice, tutt’altro. Perché se è vero che più esperienze in diversi Paesi sono una ricchezza è anche vero che questo ha un costo. Scritti in un arco di tempo che va dal 1993 al 2009, nei racconti infatti a prevalere è la nostalgia e la Fremde (spaesamento): quei viaggi di andata e ritorno tra la Calabria e la Germania, tra questa e il Nord Italia, tra leggende arbëreshe e antiche rapsodie sono costellati di rimpianti, di addii pieni di lacrime, di solitudini e rabbia. Stati d’animo che ritroviamo in tutti i romanzi di Abate, ma che nei racconti diventano distillati, si imprimono nella memoria per la loro immediatezza. Come nel racconto “Storia di un emigrante qualunque”, dove il protagonista è “un eroe senza medaglie” che guarda i suoi compagni al Centro Italiano di Amburgo con un misto di ironia e disincanto, continuando a ripetere che tornerà a casa per sempre, mentre morirà con quel desiderio irrealizzato. O come in “Viaggio con la mamma”, la madre di Carmine che va per la prima volta in Germania a trovare il marito e si porta una chicchera portafortuna, un oggetto di porcellana decorato da fiori e ghirlande, che si frantuma appena arrivata nella casa tedesca, metafora di un mondo di affetti e tradizioni che va in pezzi. I ricordi tornano prepotenti ad ogni distacco e sono soprattutto fatti di odori, sapori, voli di rondini e bocche di leone tra le pietre. E’ soprattutto nel racconto “Il cuoco d’Arbëria” che Abate rende al meglio il ricordo dell’infanzia, di un mondo che va scomparendo, attraverso i piatti e sapori arbëreshe. Nella figura del cuoco che va a domicilio a preparare pranzi di nozze, c’è il tripudio di sapori che sanno di piccante, di melanzane e pomodori, di fichi d’india e di miele. C’è spazio, ancora, per raccontare dei nuovi migranti, quelli che affrontano migliaia di chilometri, attraverso il deserto e il mare, per sfuggire alla guerra e alla fame, come fecero gli italiani prima di loro. E c’è netto il messaggio di accoglienza e di rispetto per questi disperati, visti come un pericolo da chi non vede oltre il suo stretto orizzonte. Perché, come ripete Abate «chi fa questo salto (oltre il confine) si accorge di diventare in un attimo l’altro dell’altro. E forse al ritorno entro i propri confini, guarda l’altro, il presunto usurpatore, in una nuova luce e magari cerca il contatto, il confronto. E chissà che, salto dopo salto, non diventi consapevole che questo scontro incontro alla fine arricchisce tutti». (sa.m.) Il libro di Carmine Abate «Vivere per addizione e altri viaggi» sarà presentato oggi alla biblioteca Comunale di Trento, alle ore 17.30, dal direttore del Trentino Alberto Faustini alla presenza dell’autore.

 

 

.