L'Eco di Bergamo, 15 maggio 2010


Carmine Abate

di Maria Tosca Finazzi

Un’affabulazione avvolgente, una pluralità di sguardi e di luoghi che si muovono, tra passato e presente, dal piccolo paese d’origine in Calabria alle città del Nord Europa e un’originale abilità linguistica nel far convivere lingue europee e dialetti italiani: sono queste le principali caratteristiche delle storie che Carmine Abate ha raccontato nei suoi numerosi romanzi. “Vivere per addizione e altri viaggi” (Oscar Mondadori, 2010) è il titolo significativo del suo ultimo libro, dove i “viaggi” sono quelli di andata e ritorno degli emigranti italiani, e il “vivere per addizione” una conquista esistenziale finalmente raggiunta. La sostanza è tutta autobiografica, ma l’attualità ancora stringente delle tematiche di fondo trasforma quella che potrebbe sembrare un’autobiografia in forma di racconti, in una sorta di biografia collettiva. Ospite del “Lago Verde” (oggi, sabato 15 maggio, ore 11.00 a Monasterolo del Castello, Aula Magna della Scuola primaria Gardoni Lancetti) in un incontro coordinato da Gabrio Vitali e Laura Peters, Carmine Abate parlerà di questo e dei tanti altri suoi libri, dove sono le storie vissute dai suoi personaggi a dare corpo e sangue all’idea di una società più civile e aperta.
“Può raccontare quali sono state le esperienze fondamentali della sua vita così particolare?”
«Prima di tutto sono nato in Calabria a Carfizzi, un paese arbëreshe, dove si parla l’albanese antico, e fino a 6 anni sapevo parlare solo questa lingua. L’italiano l’ho imparato a scuola e poi, per ironia della sorte, mi sono laureato in lettere e sono diventato insegnante di italiano. Più tardi, da studente, sono andato per la prima volta ad Amburgo, dove viveva mio padre. Lì mi sono imbattuto nel mondo dei “germanesi”, il mondo cioè degli emigranti italiani in Germania che parlavano non il tedesco, ma appunto il germanese. Le addizioni sono diventate da subito addizioni di tipo linguistico. Solo in un secondo momento ho imparato bene il tedesco quando sono tornato in Germania dopo un periodo di insegnamento nel Nord Italia, in Valtellina. In Germania ho lavorato come insegnante nelle scuole per figli di emigrati»
“Adesso vive però in Trentino, a Besenello. Quando è tornato in Italia?”
«Da 15 anni ormai. Vivo a metà strada tra Amburgo e la Calabria, in un luogo che è un po’ la sintesi dei miei mondi, del Sud e del Nord Europa. Vivo benissimo in Trentino e finalmente, dopo tanto tempo, dopo tanta inquietudine, credo almeno per ora di aver risolto il problema di dove vivere, senza rinunciare né al Sud né al Nord, senza rinunciare alle vecchie radici, quelle che sono radicate nella mia lingua arbëreshe, ma senza rinunciare nemmeno alle nuove radici che sento mi nascono sotto i piedi nel luogo dove vivo»
“Che ruolo ha avuto la scrittura in questo suo percorso?”
«Un ruolo fondamentale. Alcune cose le ho capite solo narrandole. La stessa scrittura per addizione, cioè il fatto di utilizzare parole di tante lingue, di non scrivere in un italiano standard, è importante, perché le parole diventano come delle esche che portano a galla le storie. Queste parole, queste frasi, direi anche questi valori - perché le parole sono valori - si impigliano nelle pagine, in modo spontaneo, e portano a galla le storie con il loro ritmo, il loro sguardo».

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