CORRIERE DELLA SERA
22 marzo 2002

Storia di emigrazione e nostalgia per un eroe sospeso tra due mari

Il racconto di atmosfere e suggestioni della Calabria
di Paccagnini Ermanno


Ionio e Tirreno: questi innanzitutto i due mari del titolo, che abbracciano la terra calabra in mezzo alla quale sta il Fondaco del Fico. Ma quei "due mari" sono anche, e ancor più, i luoghi-anime del Mare del Nord e del Mediterraneo che si uniscono sempre più in Florian, nato da una emigrata italiana sposa al figlio del grande fotografo Hans Heumann, nel corso dei quattro viaggi da Amburgo alla Calabria che ne segnano la vita, ne marcano la crescita, ne cadenzano la presa di coscienza: di se st esso; e dell' amore per una terra, una cultura, una storia che si distende per oltre un secolo, un sogno.
Con Tra due mari Abate - e lo scrive chi pur ha grandemente apprezzato Il ballo tondo (1991) e La moto di Scanderberg (1999) - ci dà il suo romanzo più completo e maturo. Il più difficile da realizzare, perché vi fonde tutti i motivi della sua narrazione, compresa l' esperienza dei racconti d' emigrazione del Muro dei muri (1993). Perché questo è Tra due mari: un romanzo al tempo stesso mosso e sospeso: insieme d' avventura e poesia; d' emigrazione e nostalgia non solo d' una terra ma d' un mondo e una cultura; della storia e del ricordo; della forza e della tenacia (quella del nonno di Florian, Giorgio Bellusci: e del suo sogno di rico struire il Fondaco del Fico); ma anche della tenerezza (di Giorgio con la moglie; di Florian con la fidanzatina Martina), con una ricca serie di personaggi vivi, amorevolmente cesellati. Che però lasciano al Fondaco il ruolo di protagonista. Quel Fondaco visitato nel lontano 1835 da Dumas padre e Jadin che vi hanno lasciato un diario di viaggio e un disegno, amorosamente trasmessi in famiglia. Che accoglieva in pace chiunque vi bussasse, fossero pure briganti: finendo per questo bruciato dalle f orze dell' ordine. La cui immagine fissata su una foto da un giovane tedesco sancisce la gloria e la carriera di costui che, riconoscente, sosterrà l' amico Giorgio nella ricostruzione allorché il suo sogno si scontra con la legge del pizzo e con la distruzione malavitosa: cui conseguono una maggior forza di Giorgio e la presa di coscienza di Florian.
Fondaco come pluralità di metafore, insomma: prima tra le quali quella della creatività, disegnata da Abate attraverso fatti, atmosfere, storie, parole consegnate alla voce narrante di Florian. Il cui racconto memoriale è però insieme ricerca delle origini proprie, ma specularmente, di quelle dello scrittore che (lo si scopre nell' ultima pagina) ne è sollecitatore. E proprio qui emerge la caratteristica di maturo equilibrio che dicevo. D' un romanzo che sa fondere nel racconto scorci di narrazione meridionale e di emigrazione, tono favolistico, atmosfere storico-leggendarie: sciogliendo il tutto in una oralità che possiede il tono insieme eroico e sapienziale, tenero e anche malinconico d' una precisa tradizione: quella poesia che avverti nei canti arbëresche: di quegli albanesi d' Italia seguaci del grande Giorgio Scanderberg, di cui Bellusci porta significativamente il nome.