Alto Adige 18.06.2006

Carmine Abate torna con il libro degli esordi
di Carmela Marsibilio

Già vent’anni fa andava dritto al cuore delle cose. Non una parola in più né una di meno. Nelle sue pagine c’era tutta la capacità di emozionare e di lasciarci “impigliati” a quelle parole in grado di aprire mondi. È stato così, per Carmine Abate, anche con “Il muro dei muri”, la sua opera d’esordio, uscita in questi giorni da Mondadori.
Il “romanzo a racconti” era stato pubblicato per la prima volta in tedesco nel 1984, col titolo “Den Koffer und weg”. La sua vera lingua in realtà è il “Germanese”, ci tiene molto a precisarlo l’autore. La lingua degli emigranti: un mix tra la cultura di provenienza e quella nuova che li accoglie. Un ibrido che riflette il loro stato interiore e il senso di straniamento di una “vita capovolta con i piedi al Nord e la testa al Sud”. Una condizione che col passare del tempo rende “stranieri all’estero e a casa propria”.
È questo il tema del libro d’esordio di Abate: l’emigrazione e il conflitto che scaturisce tra la voglia di integrarsi e quella di tornarsene a casa, dove sono le radici, quelle che sembrano darti più forza proprio nei momenti di maggiore vulnerabilità. E poi le difficoltà di comunicazione, non solo per una lingua che non si conosce, ma per il pregiudizio e il razzismo che spesso si frappongono nei rapporti, le umiliazioni, ma anche la determinazione nel voler trarre qualcosa di positivo da una nuova condizione.
E Carmine Abate lo fa da una esperienza autobiografica, in presa diretta. Era poco piú che un ragazzo quando ha scritto questi racconti “per rabbia e con rabbia”. Storie vissute sulla propria pelle, quando ventenne e fresco di studi, si è ritrovato in Germania per cercare il lavoro che il Sud gli aveva negato. Quello stesso“mondo che pretendeva il diploma e poi lo rifiutava, perché lui figlio di suo padre non aveva raccomandazioni”. Costretto perciò anche lui ad emigrare. Un’esperienza, la sua, che si sovrappone e si confonde con quella del nonno e del padre, entrambi emigranti.
E così la rabbia dello scrittore-protagonista diventa più forte e con essa l’urgenza per la scrittura quando si accorge “Che essere il primo” a scuola -come sempre suo padre gli aveva ripetuto fino allo sfinimento se avesse voluto assicurarsi un futuro migliore-“non era servito a niente” o tutt’ al piú “a essere il primo tra gli ultimi”.
È qui che nasce la scrittura di Abate che si definisce appunto “migrante-scrittore”.
“Il muro dei muri” è una raccolta di storie belle ed esemplari che ci aiutano a capire anche la condizione degli emigranti di oggi in Italia e in Europa, attraverso un’acuta analisi dei meccanismi del razzismo, ma anche dei conflitti generazionali, dell’identità e delle radici. Un libro che da un punto di vista particolare riesce a parlare della condizione umana.