Vita Trentina
1 gennaio 1999
 


Scanderbeg, eroe in sella a una moto 
di Giacomo Anderle


   Qualcuno, forse, leggendo o ascoltando le tragiche cronache di questi giorni dai Balcani, si sarà imbattuto, almeno di sfuggita nelle parole di qualche commentatore, in Scanderbeg, il grande eroe albanese che strenuamente si oppose all'avanzata dei turchi circa cinquecento anni fa. Chi, oltre ad essere attento lettore dei giornali, ha anche l'ardire di visitare le librerie, non potrà fare a meno di notare un romanzo dal titolo curioso: "La moto di Scanderbeg". Autore è Carmine Abate, scrittore ed insegnante che, dopo anni di "nomadismo", ha scelto il Trentino come residenza per sé e per la sua bella famiglia. Viaggiatore incallito, Abate si rivela nei suoi libri un grandissimo orchestratore di luoghi, tempi e voci, che poi percorre, intreccia e spezza al ritmo ammaliante della sua potente capacità affabulatoria. Così è per "La moto di Scanderbeg": un romanzo in viaggio tra la Germania e l'estremo sud dell'Italia, ma anche tra i ricordi e la dimenticanza; un ballo tondo, per citare il titolo del primo, bellissimo, romanzo di Abate, che ha perso il suo centro, sconvolto da troppe e opposte forze di gravitazione. Protagonista della vicenda è Giovanni Alessi, sospeso tra il suo passato ed i personaggi mitici e grandi che l'anno segnato - a cominciare dal padre, quello "Scanderbeg con la moto", moderno don Chisciotte, instancabile paladino delle cause degli oppressi - ed un presente in cui lavoro, relazioni sociali e amore gli impongono di fare tabula rasa proprio di quel passato. Queste tensioni repentine, attrazioni e spinte potenti tra gli opposti sé del protagonista si traducono nel romanzo di Abate in una scrittura dal ritmo imprevedibile, che ora si riempie di sonorità antiche ed ora esplode con scatti rapidi e nervosi; si fa colloquiale, quotidiana, per poi impennarsi con toni lirici ed epici che scuotono profondamente il lettore. Una frammentarietà di ritmi ed una moltitudine di voci. Sono le tante voci narranti del romanzo: le voci dei testimoni, degli amici, del protagonista stesso, voci che portano il lettore senza tanti convenevoli subito nella storia, a cominciare dall'incipit "E poi ci raccontò quest'incredibile storia del ragazzino dagli occhi di calamita", fino alla misteriosa ed imprevedibile conclusione. Tra tante voci, tra tanti ritmi e personaggi che l'autore raccoglie con affetto, ironia, commozione e, come uno sciamano, fa suoi nel racconto con una scrittura volutamente non levigata, alcuni rimangono scolpiti nella memoria del lettore: la voce della madre del protagonista, che dell'intero romanzo forse rappresenta proprio quel centro perduto, sprofondato nella terra, cuore pulsante; il racconto tragico e appassionato delle rivolte contadine, il senso misterioso e ineluttabile del destino. E poi la moto Guzzi Dondolino, moderna e mitica cavalcatura di Scanderbeg, non quello del "Tempo Grande", della guerra contro i Turchi, ma quello del "tempo infranto", dei grandi sogni e delle assurde, forse inutili, sfide.