Tuttolibri (La Stampa), 04.02.2006
 

C’č un cantastorie che solca il mare
Viaggio nelle generazioni fra Albania e Calabria
di Lorenzo Mondo

  Carmine Abate alimenta i suoi romanzi ispirandosi alla terra d'origine che č la Calabria, quella abitata dalle comunitā albanesi fuggite nei tempi andati dall'oppressione ottomana. Insieme al calabrese e all'italiano, parlano la loro lingua originaria, l'arberesh; conservano attraverso la fede ortodossa e i costumi superstiti un riverbero d'Oriente, mentre il nome dell'eroe Scanderbeg resiste nella tradizione orale con la forza di un talismano. Sono queste peculiaritā a stendere una patina diversa su temi che abbiamo incontrato in tanta narrativa meridionale, dalle lotte sociali del dopoguerra all'emigrazione, dal tramonto della cultura contadina alla rivisitazione nostalgica e disincantata
dei paesi da parte dei figli diventati cittadini del mondo. Era una materia che, per quanto rinfrescata e trattata con mano svelta, correva il rischio dell'esaurimento ed esigeva forse uno scatto stilistico. Mi sembra che Abate ne fosse cosciente, e lo si avverte dalla sua ultima prova, Il mosaico del tempo grande.
Mosaico č, per diversi motivi, la parola chiave del libro, che trova proprio il suo fuoco centrale
nel laboratorio di Gojāri, lo straordinario fabulatore che sa mettere insieme le parole come le
tessere colorate di un'arte antichissima. Il protagonista Michele si č appena laureato e, aspettando di partire per il Nord in cerca di lavoro, frequenta con gli amici il vecchio Gojāri, custode delle storie che dal "tempo grande" delle passate generazioni arrivano fino al presente. Ripercorriamo cosė le vicende epiche dei primi fuggiaschi dall'Albania in fiamme, come in una piccola Eneide, e il loro radicamento in Calabria dove fondano, a specchio di una mitica Hora perduta, una nuova cittā. Sono sempre in ascolto dei segnali che arrivano dall'altra riva, che non sono confortanti, per quanto dura sia la vita dei profughi, tra la diffidenza dei nativi e le soperchierie baronali. Vengono spenti nel sangue i tentativi di riconquista cristiana, si fanno radi i rapporti tra le due sponde e l'Albania diventa sempre pių chiusa, fino a trovare nell'etā moderna, sotto il dominio di Enver Hoxha, pių ferree, spietate catene. Il ricongiungimento avviene quando, caduta la dittatura comunista, arrivano in Italia, con esiti spesso funesti, i gommoni degli scafisti. A tenere il campo, nel corso dei secoli, č la famiglia Damis, capostipite il papās che ha eretto ad Hora la prima chiesa. Ma i suoi ultimi discendenti sono presi da pių terrestri passioni. Accade ad Antonio Damis che, abbandonata la promessa sposa, insegue a Tirana una ballerina di cui si č invaghito e la aiuta a fuggire oltre la cortina di ferro, nell'Europa del Nord. E' avversato dai compaesani, anche perché sospettano che abbia rubato l'antico tesoro della chiesa. Quando ritorna, vinto dalla nostalgia, riconsegna l'oro trafugato e conservato in un ripostiglio segreto. Manca soltanto il pugnale appartenuto a Scanderbeg, che ricompare tuttavia come strumento di una folle, privata vendetta. Michele intanto si č legato d'amore per la figlia di Antonio, una Laura dai lunghi capelli biondi su cui "si posavano come tante avide api i raggi di sole". E questa passione condivisa per la ragazza restituita, quasi per una sorta di risarcimento, alla terra dei padri chiude il romanzo in una luce di conciliazione.
Abate costruisce il suo libro prendendo idealmente a prestito l'arte del cantastorie e mosaicista Gujāri. I capitoli si dispongono, tassello dopo tassello, secondo le intermittenze e gli andirivieni del suo raccontare, seguendo il percorso raggiante delle scaglie posate sul telaio. Superato qualche primo imbarazzo, si prende confidenza con il passaggio da un secolo all'altro, dall’una all’altra vicenda, come se il mosaico di Abate trovasse la sua unitā proprio nel reticolo delle connessure, degli inappariscenti spazi bianchi. (Disturba appena l'eccesso di locuzioni arberesh, che fanno macchia a sé, come incomprensibili geroglifici). Il suo Michele si
scopre infine parte di questa storia grande, segnata da continue partenze e ritorni. Sente che, nel mutare delle circostanze, č coinvolto, onda di un solo mare, nel destino della sua gente, dell’umanitā migrante.