Il quotidiano della Calabria, 05.02.2006
 

Lo scrittore di Carfizzi presenta il romanzo “Il mosaico del tempo grande
Abate sui sentieri delle storie
di Francesco Sorgiovanni

CARMINE ABATE è uno dei più interessanti scrittori italiani contemporanei. Colto, abile narratore e brillante conversatore, sa stupire per la semplicità con cui riesce ad affrontare gli argomenti più impegnativi e profondi. Abate è nato nel 1954 a Carfizzi, una comunità arbëreshe della Calabria, ed è emigrato da giovane in Germania. Oggi vive in Trentino, dove insegna. Ha esordito nel 1984 in Germania con la raccolta di racconti Der Koffer und weg! (ed. italiana ampliata, Il muro dei muri, 1993). Ha pubblicato, tra l'altro, il libro di poesie Terre di andata (Argo 1996) e i romanzi La moto di Scanderbeg (Fazi 1999), Il ballo tondo (1991, ristampato da Fazi nel 2000 e da Mondadori nel 2005), Tra due mari (Mondadori 2002). Nel 2004 esce il romanzo La festa del ritorno (Mondadori, 2004), giunto alla quinta edizione, ristampato più volte e vincitore del “Premio Napoli”, “Premio Selezione Campiello” e Premio Corrado Alvaro. Di questi ultimi lavori verranno realizzati due film, già in lavorazione. Abate ama definirsi “Un narratore a cui piace raccontare delle storie, storie “emotive”, però, cioè non di testa, non costruite a tavolino, ma raccontate inseguendo un ritmo interiore che devo alle antiche rapsodie sentite da bambino in Calabria”. Il suo ultimo romanzo “Il mosaico del tempo grande” (Mondadori 2006) è sicuramente piena testimonianza di quanto detto, perché conferma, anzi arricchisce, una capacità di narrazione assolutamente ricca di storie, di suspense e di ritmo. Ci racconta altri scenari di quella sua terra bellissima che è Hora, legata alla cultura arbëreshe e alla Calabria: protagonisti un mosaicista albanese che va in giro per i paesi arbëreshe di rito greco-ortodosso a restaurare icone bizantine e Antonio Damis, uomo ossessionato dall’idea del viaggio e da oscure minacce. Un romanzo con tanti spunti, stimoli, emozioni: storia, tradizioni, politica, religione, questioni sociali, problemi attuali, amori, passioni. Grandi temi. Un intenso romanzo vestito dei colori, dei sapori, delle voci e degli odori della Calabria. Un libro nuovo stilisticamente. Un romanzo che merita di essere letto. Abbiamo raggiunto Carmine Abate per parlare di questo nuovo lavoro e su temi a lui molto cari.
Come è nata l’idea di scrivere questo romanzo?
Il mosaico del tempo grande nasce dall’urgenza di narrare le nostre origini. Il romanzo, più di quelli precedenti, va in profondità nella storia della comunità arbëreshe, senza dimenticare il presente, la modernità. Riappropriarsi delle proprie radici e della propria storia anche per dare un messaggio ai giovani a tenere solide le loro radici per affrontare le difficili sfide in questo mondo sempre più multiculturale. Teatro della storia è un paese ideale, un paese in movimento, vivace, ricco di valori, il cui nome è Hora, fondato dagli esuli albanesi arrivati in Calabria tanti secoli fa. E io, per scrivere, ho bisogno della Calabria, una Calabria aperta a mondi esterni, lontana dai luoghi comuni che la soffocano e che io vorrei contribuire ad abbattere con le mie storie.

Quanto peso hanno avuto gli eventi della sua vita nella stesura del libro?
Parto sempre da spunti autobiografici per dare autenticità alla storia. Come spunto iniziale però, perché poi la storia va da sola, mi porta su terreni sconosciuti a me stesso.

Uno dei temi centrali del romanzo è senza dubbio l’amore…
Sì, l’epigrafe del libro ricorda che “tutte le storie sono storie d’amore”, amore vissuto con gioia e sensualità e non come sofferenza. L’amore è una delle molle fondamentali che fanno scoccare le storie. Come quelle raccontate nel romanzo, tra un giovane del posto e una bionda ragazza misteriosa, o tra un papàs e una ragazza di Rossano, Eleonora, la “bella Rossanisa”. Esempio di integrazione felice.

I suoi libri contengono tracce di lingue diverse dall’italiano. L’arbëreshe, il “germanese”, parole ibride, ora anche il calabrese. Come vive questa dimensione multilinguistica?
Di storia in storia, reinvento una mia lingua, stando attento a non perdere la musicalità delle lingue e delle storie che ho dentro. Questa lingua per me rappresenta la chiave per riappropriarmi dei miei luoghi, attraversati più o meno consapevolmente dal plurilinguismo e dal multiculturalismo. E’ una lingua ibrida, contaminata, dove le singole parole sono il portato di valori importanti e affondano nelle pagine come esche, per portare fuori delle storie.

Delle storie emozionanti, aggiungerei, fissate come tessere in un mosaico…
La scrittura deve emozionare. Le storie le abbiamo dentro e fuori di noi, io le raccolgo come frutti dall’albero. La forza principale de Il mosaico del tempo grande è proprio la struttura narrativa. Un libro strutturato proprio come un mosaico. Una struttura “ad incastro”, movimentata, con un sottofondo teso – e spero avvincente -, quasi un “giallo”.

Quali sono gli argomenti che costituiscono il cuore del suo romanzo?
Prima di tutto il tempo grande, che non è solo moti i madh delle rapsodie, di Scanderbeg, ma è quello che ci resta dentro, che ci lascia tracce indelebili. Poi ci sono l’amore, il mistero, la ferita del distacco e i profughi di ogni tempo. Nel romanzo c’è anche un grande omaggio alla Calabria come terra di accoglienza.

Come artista e come uno fra gli scrittori più conosciuti non solo in Italia, quale è il consiglio che può dare ad un giovane che si accinge alla poesia o alla narrativa?
Intanto, scrivere solo se si sente l’urgenza, la necessità di farlo e non per cercare a priori facili successi. Inviare poi le proprie produzioni letterarie a più editori, anche calabresi. In Calabria ci sono editori di qualità.

Quando presenterà il suo nuovo romanzo nella regione?
L’appuntamento è per la fine del mese di febbraio in molte città della Calabria.