L'Arena, Il giornale di Vicenza, Brescia Oggi 21/07/2012
 

 

MERIDIONE, FASCINO STRATIFICATO IN CARMINE ABATE

di Giulio Galetto
 

  PADOVA - La collina del vento (Mondadori, 262 pagine, 17,50 euro, è il romanzo di Carmine Abate entrato per primo, con 8 voti, nella cinquina del Premio Campiello selezionata dalla giuria dei letterati. Si tratta di una saga familiare che, attraverso quattro generazioni, percorre tutto il Novecento. Dunque mobilità del tempo cui si contrappone immobilità del luogo: un aspro rilievo montuoso della Calabria ionica, chiamato Rossarco (appunto la collina del vento del titolo) che è non solo scena fisica, ma in qualche modo testimone e protagonista e insomma cuore profondo della vita degli uomini e delle donne della famiglia Arcuri che, dalla figura del bisavolo Alberto a quella dell'io narrante che è l'ultimo anello delle quattro generazioni, lì sa di avere i suoi ancestrali insegnamenti, gli oscuri segreti, la radice del senso delle gioie, dei dolori, dei doveri, insomma le verità di fondo che guidano il difficile cammino dell'esistenza. Alla duplicità del tempo mobile e del luogo immobile Abate accosta un'altra duplicità: da un lato la dimensione privata, anzi spesso oscuramente e ossessivamente segreta degli eventi e dei sentimenti dei personaggi della famiglia Arcuri, dall'altro lato lo sfondo sociale di un Meridione tribolato, vessato da secolari ingiustizie e segnato dai tanti mali che si susseguono dalla prima alla seconda guerra mondiale, dalle prepotenze delle classi sfruttatrici sostenute prima dal fascismo, poi dalle politiche della seconda metà del Novecento: sempre con un impegno teso alla giustizia sociale da parte degli Arcuri, quasi un impegnativo testimone che una generazione affida alla successiva. E infine, ultimo elemento che aggiunge forza simbolica alla collina del vento, il segreto archeologico di un'antica città della Magna Grecia che quella terra deve celare nelle sue viscere profonde. Tanta carne al fuoco? Sì, ma bisogna dire che Abate, anche là dove, nei quadri di ambiente storico o sociale, appare magari qualcosa di un po' scontato, domina la sua materia grazie alla struttura che ha dato a quella che abbiamo chiamato la mobilità del tempo: c'è una voce narrante in prima persona, ossia la voce di colui che rappresenta la quarta generazione degli Arcuri, che ha raccolto la memoria dei predecessori; ma il racconto non procede per linearità cronologica, la voce del narratore lascia spesso il posto alle voci dei predecessori (padre, nonno, bisnonno, le loro donne) lungo un percorso temporale a zig zag che in qualche modo rende contemporanea tutta la storia, gli eventi e i pensieri lontani legati a quelli vicini in una continuità che vuole essere il senso ultimo della saga. Per di più non guasta un segno «giallo» che farà trovare al lettore la soluzione del mistero narrato nella prima pagina solo nell'ultima. Aggiungiamo infine il non secondario valore di una scrittura efficace sia nelle pennellate che fanno vivere in modo emozionante la bellezza e il mistero del paesaggio della collina del vento, sia nel rendere con forza coinvolgente l'intensità dei sentimenti. Un romanzo riuscito.