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(Marietti - Genova, pag.185, L.25.000)

Il ballo tondo

Hora è uno dei centri di lingua albanese in Calabria, un'isola di cultura che conserva nella memoria popolare l'identità di cui è gelosa e fiera. Storia e leggenda, cronaca e mito si fondono nell'immaginario di un popolo che ha allevato in gentilezza la propria diversità. Qui un ragazzo, Costantino, riscopre nella visione dell'aquila bicipite il passato della sua gente, le radici dei suoi sentimenti confusi e dei suoi sogni audaci. La favola si insinua così nella vita e condiziona i destini dei personaggi: le sorelle di Costantino, afflitte d'amore; il maestro del paese, cacciatore di sentimenti e di ricordi; il padre, emigrante impetuoso e malinconico: Costantino stesso, tentato egualmente dal passato e dalle novità; il nonno Lissandro, ironico e saggio, misterioso e leggendario. In questo modo, sulla vicenda di una cultura trapiantata e conservata da secoli, si innesta la storia di una famiglia coi casi, le angosce, le gioie e i problemi del sud di sempre: l'emigrazione, gli amori tenaci e silenziosi, le tentazioni della modernità e il fascino del mito, le memorie profonde della vecchiaia e l'ironia leggera della saggezza patriarcale. Sullo sfondo, ma in realtà nella funzione verghiana del coro, che commenta, partecipe, i drammi e le felicità dei protagonisti sta la comunità arbëresh di Hora, con le sue tradizioni e la sua lingua, in modo diverso che custodisce la propria identità, la racconta e compiange mentre attorno tutto cambia e passa.