Il Quotidiano della Calabria, 30 novembre 2008
 

Gli anni veloci di Carmine Abate
di Giulia Fresca

  Gli anni veloci di Carmine Abate erano quelli che lui dedicava alla corsa in una Crotone degli anni ’70 con i capelli alla Battisti che, per via della velocità divenivano lisci per poi ritornare ricci appena si fermava. «La voce dei miei riccioli, le canzoni di Lucio e di Rino. La loro morte con il dolore provocato come dalla scomparsa di un amico. Il mare di Crotone e quel grande mostro d’acciaio che rappresentava il tentativo di industrializzazione di una città per porre fine all’emigrazione» Questi i ricordi più emozionanti che Carmine Abate ha rivissuto nel corso della presentazione del suo ultimo libro “Gli anni veloci” (Mondadori) avvenuta venerdì sera alla casa delle Culture per iniziativa voluta dal Comune di Cosenza con l’Associazione Mediterranei d’Europa. Alla presenza del sindaco Salvatore Perugini, dell’assessore alla cultura Salvatore Dionesalvi, del vice presidente dell’associazione Andrea Codispoti e delle lettrici speciali Emilia Conforti e Stella Fabiani, che ne hanno ripercorso i tratti biografici e narrativi, Carmine Abate visibilmente commosso dal folto pubblico, si è raccontato. L’autore, a cui oggi è dedicato un servizio sul settimanale di Rai Tre, è ritornato in Calabria non soltanto per parlare del suo successo letterario alla seconda edizione in pochi mesi, ma per stare vicino al padre infortunato. Una storia, la sua fatta di partenze e di ritorni, di speranze e delusioni, ed in particolare, riferendosi alla Calabria, ci dice «di forte passione. Non dunque odio e amore ma fondamentalmente un rapporto a volte carico di rabbia perché io, come quelli della mia generazione, siamo stati “cacciati” da questa terra. Ciononostante sono legatissimo ad essa, alla tenerezza dei suoi paesaggi alla dolcezza delle sue bellezze e posso dire, senza dubbi, che io vivo la Calabria. Per tale motivo scrivo della Calabria. Non su di essa – sottolinea -magari soffermandomi ai fatti pubblici, ma di essa, dei suoi linguaggi, del suo vissuto, delle sua paure e delle sue speranze». Gli anni veloci sono quelli che scorrono via nella età fanciulla che poi ritornano nella mente adulta dei protagonisti, attraverso le visioni di una struttura costruita andando avanti ed indietro nel tempo, e che, con maestria consente ad Abate di trasformare un romanzo in un giallo velato carico di suspense. Una storia d’amore ma, come l’autore ama precisare«di più amori. È certamente la storia d’amore tra due giovani degli anni ’70, senza parlare di anni di piombo e di malavita ma è anche l’amore per la terra di appartenenza, per lo sport, per i talenti e la vita nel suo complesso». Quella vita che è fatta anche di musica e di morte, quella suonata e poi interrotta di Lucio Battisti e di Rino Gaetano, quella dei talenti individuali e collettivi della Calabria ma anche del fatalismo o forse delle fatalità che accompagnano le storie degli uomini. «La morte che in arbëreshë è chiamata “l’ombra del vento”, rivive nell’incipit che riporta “la vita è comunque bella” nonostante i sogni veloci della giovinezza e la caparbietà e tenacia dei protagonisti, portino loro a seguire strade a volte inaspettate».